DISAGIO E BUROCRAZIA, AL PIGNETO IL TEMPO SI È FERMATO

DISAGIO E BUROCRAZIA, AL PIGNETO IL TEMPO SI È FERMATO

Luogo

Roma

Testata

DNews

Data

22/12/08

Il Pigneto sette mesi dopo ha la stessa faccia che aveva a maggio scorso, quando alcuni negozi di bangladesi furono danneggiati con tanto di mazze da alcuni cittadini del quartiere. Si urlò al razzismo e alla xenofobia, per poi scoprire che si trattava di un “regolamento di conti” nato da un portafoglio rubato. A dicembre, i negozi di via Macerata e via Ascoli Piceno (quelli colpiti) hanno ancora le vetrine rotte. E lui, Dario Chianelli, 48 anni, che si presentò alla Digos per raccontare da dove fosse nata la rabbia che lo aveva portato a spaccare vetri e bottiglie in quei negozi, cammina per le sue strade: «È cambiato poco – dice – Lo vedì? Io abito là, in quel palazzo co’ i panni stesi – continua – io qua ce so’ praticamente nato». Attraversa la ferrovia che spacca a metà il quartiere, e continua a salutare i residenti ad ogni piè sospinto. Lo conoscono tutti, e dopo maggio scorso hanno anche capito quali sono le regole del gioco. «Ma lo sai che m’è successo ad agosto? – racconta – Ho lasciato la macchina aperta davanti al bar per prendermi un caffè, torno e non c’era più il marsupio». Insomma, nel giro di qualche mese la storia si era ripetuta, ma se la volta prima la vittima era stata le ex moglie, in questo caso era toccato a lui. Ma il ladro non aveva fatto bene i conti.
Dario va al commissariato, e nel contempo sparge la voce nel quartiere: «Ao’, tempo un’ora e m’hanno chiamato per ridarmi il portafoglio». Ecco. Le regole del gioco adesso le hanno capite tutti. Si torna a parlare di quello che fu definito un “raid punitivo”: «Mi’ fijo me chiamò e me disse “hanno rubato il portafoglio a mamma”. Andai a chiedere nel negozio de via Macerata, dove sapevo che potevano sapere qualcosa, de famme’ restituì almeno i documenti». Da lì partì il primo avvertimento: “Torno domani alle 12”. Il giorno dopo, alle 12, il secondo: «Se nu’ me ridate il portafoglio, arrivo alle cinque e spacco tutto». E così fu. Solo che alle 17 di quel giorno «erano tutti pronti ad aspettà me’ – dice Dario – eravamo na’ venticinquina». In effetti in quel negozio sapevano qualcosa. Sat Pall, il proprietario, spiega: «Quella persona era un cliente, la conoscevo di vista». «Qualcosa ho aggiustato, circa 1000 euro – continua il proprietario, indiano – ma il resto è rimasto così». In via Ascoli Piceno, la strada parallela, i negozi invece hanno ancora le vetrine spaccate, o mancanti. Kabir ha la faccia scura, e appena si nomina quel giorno, tira fuori dal borsello decine di articoli di giornale: «Il sindaco aveva detto che avrebbe pagato i danni, e invece non ci è arrivato niente». È affranto, perché due mesi dopo quell’episodio, ha perso anche la moglie. Dario dice di essere andato a fargli le condoglianze. Islam Serasoli ha il call center lavanderia vicino all’alimentari di Kabir: «Il Comune ancora non ci ha dato nulla». Il suo commercialista conferma il preventivo, che supera i 7mila euro. «Abbiamo fatto tre viaggi al Comune – racconta Giancarlo Bellotti, di Wash World – sperano di prenderlo a sfinimento, pare siano lunghe trafile burocratiche». Dal Campidoglio si apprende che i ritardi sono dovuti al procedimento penale in corso: «Quando verrà riconosciuto un colpevole, il risarcimento dovrebbe essere a suo carico. Se per qualche motivo non fosse possibile, allora interverrebbe il Comune». Ma intanto, il Pigneto è lo stesso. Fermo in quell’istante dopo, con i vetri rotti, e la vita di tutti i giorni. E Dario, che si definisce “il malcontento”, se tornasse indietro, non cambierebbe nulla: «Lo rifarei domani».