IL RISVEGLIO DI QUEL BAMBINO CORAGGIOSO

IL RISVEGLIO DI QUEL BAMBINO CORAGGIOSO

Luogo

Roma

Testata

DNews

Data

23/07/08

Al Bambino Gesù: Vittima incolpevole di un agguato della ‘ndrangheta il piccolo Antonio sta vincendo la sua battaglia per la vita.
E dopo le tenebre del coma nei suoi occhi adesso è tornata la luce

Perdi il conto dei giorni, forse per rispondere agli inganni del tempo che inchioda tuo figlio ad un letto di ospedale da quasi due mesi. Ma sospiri di sollievo perché adesso, dopo giorni e giorni, sta meglio. È un «bambino coraggioso». Sul nome di Antonio Laganà, tre anni e mezzo, è calato il silenzio. Il circo dei taccuini e delle penne forsennate, di telecamere appostate in cerca dei parenti e di bollettini medici, si è interrotto. Ci sono altre storie, arrivano altre notizie. Ma tu, che sei il padre di un piccolo colpito per sbaglio da una pallottola vagante, operato e poi risvegliato dal coma farmacologico, sei sempre lì. Ed è difficile trovare un equilibrio, da quel 6 giugno maledetto.
Carmelo Laganà fa trasparire un tiepido sorriso dal tono di voce. Il figlio più grande è rimasto in Calabria, la più piccola è qui, a Roma, insieme alla madre e alla nonna.  L’8 giugno Antonio è stato ricoverato all’ospedale pediatrico Bambino Gesù. Da allora la madre, Stefania Gurnari, non è più tornata a casa. «È ricoverata insieme a lui – racconta Carmelo – si dà il cambio con mia suocera. Il bimbo ha bisogno di lei».  Ma anche lui, il padre, non è che si sia allontanato spesso. Solo una volta, per scadenze che non poteva proprio rimandare. Forse, se sarà possibile, tornerà tra qualche settimana in Calabria. Non lo sa con certezza, ma non importa. L’obbiettivo adesso, è uno solo, e si chiama Antonio. «Non lo so in termini medici come si possano descrivere le sue condizioni – spiega con pacatezza – ma da genitore posso dire che da quell’8 giugno il mio bimbo sta molto meglio». Quel “mio” spicca tra le altre parole a raccontare tutto l’amore che c’è dentro: il lancinante strazio di sapere un proiettile sparato addosso al proprio figlio, la corsa in ospedale, le analisi mediche, le diagnosi, l’operazione, i continui esami, l’attesa. «Io sto meglio – dice facendosi forza – mia moglie è un po’ provata, dopo tanti giorni». Adesso si aspetta con ansia il momento della riabilitazione. «Da quanto lo hanno risvegliato dal coma farmacologico non ha avuto danni a livello di sensi e facoltà – racconta spiegando che il bimbo è vigile – aspettiamo la terapia per verificare eventuali danni motori». Anche quello, però, «è un terno al lotto, non si sa mai come può reagire il corpo, e i bambini stupiscono sempre». E l’ha stupito il suo Antonio, che «resta titubante davanti ai medici», ma ha reagito meglio di loro, dei “grandi”. «È coraggioso se si pensa a quello che ha dovuto subire un bimbo di tre anni e mezzo». Dopo due mesi di prelievi, e controlli, e via vai di camici bianchi davanti al proprio letto. «Ha fatto amicizia con tutti, i medici gli vogliono bene, come agli altri bambini del reparto di Neurotraumatologia». E nonostante non sia facile immaginare di varcare ogni giorno quella sbarra, lasciarsi dietro il baracchino dei giocattoli gonfiabili e dirigersi dritti verso il Padiglione Pio XII, Carmelo è sollevato, e nella composta emozione, gentile e riguardosa, dice «siamo contenti di come sia andata». Antonio ha due genitori coraggiosi.